In questa mini rubrica su come Spiegare la morte ai bambini, vi accompagnerò attraverso le parole del dott. Francesco Nardi, in questa difficile e importante attività che gli adulti si trovano ad affrontare.
Grazie alla storia di Gino il Camperino e Pesciolino è possibile affrontare diverse tematiche, tra cui come parlare di morte ai bambini e del relativo silenzio.
Ecco subito qui sotto le parole del Dott. Nardi:
“C’è un aspetto a mio avviso molto poetico in questo capitolo: titolato “Il silenzio”, si conclude con ascoltando… il suono.
È il suono delle lacrime, di fronte al quale si può re-stare, continuare a stare, solo… in silenzio.”
Questo commento introduce un tema fondamentale: spiegare la morte ai bambini dal punto di vista degli “effetti” che ha questo evento in chi rimane:
perché il silenzio è una cosa buona
cosa succede quando qualcuno muore: tre tipi di silenzio
come comportarsi con i bambini
Perché il silenzio è una cosa buona
Il silenzio mi ha da sempre accompagnata come un tema molto presente nella mia vita, sia personale che professionale.
Essendo figlia unica di genitori separati, mi sono trovata a gestire il silenzio molte volte nella mia infanzia e credo che, con il senno di poi, queste giornate passate in solitudine nella vecchia casa di una bisnonna abituata a fare il pisolino dopo pranzo e le 8 ore lavorative di una madre che ha dovuto provvedere alla figlia, sia stata formativa.
Dal punto di vista professionale invece, il silenzio è uno strumento preziosissimo. Attraverso il silenzio si riesce a far respirare i pensieri, a lasciare che le ultime parole del cliente risuonino nello spazio della nostra relazione di apprendimento e aiuto e allo stesso tempo, lascia che le emozioni decantino, proprio come si fa con il vino, per poterne poi assaporare ogni dettaglio.
Il silenzio ti permette di vedere, assaporare. É alleato della meditazione, del riposo, dell’attesa.
Ricordo un esercizio molto potente che ho avuto il piacere di fare per allenarmi a stare nel silenzio con l’altro durante le mie formazioni.
Perché spesso manca la capacità di stare con quello che c’è, e sentiamo la necessità di coprire, aggiungere, camuffare ciò che ci si presenta davanti, ma soprattutto, ciò che accade dentro di noi.
Cosa succede quando qualcuno muore: tre tipi di silenzio
Si creano a mio avviso tre tipi di silenzio: sociale, personale e relazionale.
Silenzio sociale.
Avete mai sentito qualcuno riempire il silenzio con frasi a sproposito?
Succede perchè non siamo capaci di stare nel silenzio. Mette a disagio, perché essere in grado di stare con qualcuno in silenzio significa essere in grado si sfiorare quell’intimità s-velata dalle parole, dai concetti, dai rumori, che uno sguardo o una posizione può invece ri-velare. In una situazione intensa come il dolore della perdita, spesso chi ci sta intorno tende a riempire il silenzio con frasi non opportune.
Silenzio personale.
A metà strada tra una necessità e una reale incapacità di trovare le parole, forse perché di parole non ce ne sono o non servono, per dire quello che sta accadendo. É il momento in cui ci si ferma ad osservare, a sentire, ad eliminare il superfluo quando già la perdita è tanto “ingombrante”
Silenzio relazionale.
La relazione come siamo abituati non c’è più: non riceviamo risposta dall’altro e viviamo in una continua contraddizione: l’assenza non è muta ma urla silenziosamente tutto quello che ha da dire (colpe mancanze, rimpianti, dolore)
Mancano le parole dell’altro e sentiamo tutto il suo silenzio che però è anche voce di ciò che non c’è più.
Come comportarsi con i bambini
Se il piccolo ha perso qualcuno, è molto probabile che anche l’adulto di riferimento stia affrontando la perdita e, come spiegato nel primo articolo, la cosa fondamentale è la necessità di proteggerli e fare il meglio per loro.
Se abbiamo fatto un buon lavoro nell’accoglienza del vuoto, il bambino si sentirà libero di vivere il proprio silenzio senza sensi di colpa e sarà responsabilità dell’adulto tranquillizzarlo di fronte ai propri silenzi facendo vivere il valore del silenzio e lasciando che questo permetta a tutti di osservare le emozioni.
La storia di Gino aiuta a spiegare anche che il silenzio è ok, che va bene sentirne il bisogno, anche per se stessi.
Una cosa importante da tenere a mente: spesso si pensa che si debba spiegare la morte ai bambini quando la morte arriva.
Quando ci lascia qualcuno le emozioni e il cambiamento sono già di per sé “pesanti” e può essere molto più difficile affrontare il tema in modo efficace “da dentro”.
Sarebbe meglio affrontare questi discorsi prima, in previsione di, anche se non ci sono le circostanze che facciano pensare ad una perdita imminente.
.
.
.
Se hai subìto un lutto qui trovi qualcosa di utile per te.
Per maggiori informazioni sul progetto Tratto da una storia vera o per parlarmi della tua esperienza:
guarda la sezione dedicata
scrivimi alla sezione contatti, clicca qui
Oppure contattami dalla pagina Facebook tramite Messenger
♥️ O su Instagram
Tratto da una storia vera è il progetto che vuole far rinascere un tema trascurato, per favorire lo sviluppo della cultura, dell’intelligenza emotiva e del rispetto sul tema della Morte,
Articoli, interviste, collaborazioni per riprendere confidenza verso ciò che è parte integrante della vita.
Tutto con atteggiamento di rispetto, proattività e accoglienza.
“Non v’è rimedio per la nascita e la morte, salvo godersi l’intervallo.”
A. Schopenhauer
.
.
.
Se sai che a qualcuno è utile questo articolo, condividigielo!
Lascia un Commento
Vuoi partecipare alla discussione?Sentitevi liberi di contribuire!