Fermata 3: come parlare di morte ai bambini

In questo terso articolo su come parlare di morte ai bambini, affronteremo un passaggio delicato: il lasciare andare.

 

Di seguito troverai le parole del Dott. Francesco Nardi, pedagogista e filosofo dell’educazione, e successivamente leggerai:

  • la metamorfosi del pianto

  • tutto scorre

  • normalizzare le emozioni

  • letture e giochi consigliati per parlare di morte ai bambini

 

Dal commento del Dott. Nardi alla terza puntata del podcast “La mia vita senza te, come affrontare il lutto in modo consapevole”:

Si possono finire, le lacrime? Sì. Politicamente scorretto dirlo, ma sì. Quindi… si potrebbe pensare che sia solo una questione di quantità? Una persona sensibile avrà certo un serbatoio più grande di un cinico, ad esempio, ma stabilite le proporzioni… Allora, tutto si riduce a lì? Non direi…

Misteriosamente si riparte proprio da lì, da quel non avere più lacrime che ci inchiodava al nostro dolore. Ma non è un semplice cambio, è una… trasformazione (come giustamente viene definito il prosieguo della nostra narrazione).

La metamorfosi del pianto

Già dalle parole del Dott. Nardi si può intuire la funzione del pianto: ci prepara a spostarci dal dolore, a trasformare.

Spesso però, il pianto viene sottovalutato, mette a disagio, infastidisce o semplicemente “non sta bene farlo”.

Questo atteggiamento, che rispecchia in sé tutto il processo di civilizzazione che ha portato ”l’uomo per bene” in epoca medievale ad ingurgitare le proprie emozioni per poter usufruire e sfruttare i benefici di corte, quegli habitus che hanno permesso di non far “scattare la rissa” ad ogni cambio di umore o a trangugiare il cibo come dei maiali a tavola, ha anche trasfigurato la valenza del pianto.

Questa metamorfosi ha portato gli adulti di oggi a pronunciare frasi come “non piangere, che sei un ometto” o “sei grande ormai per queste cose”. 

A fini educativi, certo. Come specifico spesso nei miei articoli non si parla né di colpe né di cattive intenzioni.

Il rovescio della medaglia è che con queste etichette mettiamo il pianto nella categoria di quegli atteggiamenti che non fanno della persona la più temperata, virtuosa ed equilibrata possibile, come è richiesto invece dalla società.

Una volta il pianto aveva tutt’altro spazio nelle vite delle persone, soprattutto in momenti luttuosi.

Salvo poi accorgersi che, ciò che non si esprime, scava. Reprimendo le emozioni si crea in noi, fin dalla tenera età, una contraddizione interna: io sento ma è sbagliato, io provo emozioni ma non posso esprimerle.

Tutto scorre

I bambini hanno la capacità innata di mostrarci la nostra vera natura, e lo fanno anche in situazioni di dolore, come quella del lutto. Il disagio è più il nostro che il loro e so che non stupirò molti lettori quando dico che spesso i bambini, se ne escono con atteggiamenti molto più umani rispetto ad alcuni adulti che in circostanze non ordinarie hanno gestito la relazione goffamente e certo non con la spontaneità che caratterizza questi nostri piccoli futuri uomini.

Perciò ancora una volta, il compito è il nostro, quello di mostrare al bambino che le emozioni non sono giuste o sbagliate, che anche i grandi piangono, e che il dolore tocca tutti: maschi, femmine, anziani, genitori, insegnanti. Persino i supereroi possono piangere.

Non trattenere le emozioni, ma lasciarle fluire, lasciarle andare, permetterà al bambino di fare esperienza dei moti che caratterizzano il mondo interiore dell’essere umano, comprendendo che “tutto scorre” come recita il famoso aforisma eracliteo.

 

Normalizzare le emozioni

Normalizzare le emozioni dunque, rende più facile il compito di parlare di morte ai bambini, spiegare cosa succede quando qualcuno ci lascia.

Questo permetterà al bambino di sviluppare quelle abilità personali che gli permettono di lasciare andare perché, per riuscire a farlo, è necessario che in primis sviluppi la fiducia in sé, nelle proprie sensazioni e nel mondo che lo circonda.

Sarà facilitato se vedrà che le sue emozioni sono condivise, che è normale piangere se ci manca qualcuno, che tutti lo possono fare e soprattutto che c’è uno spazio in cui lo si può fare senza giudizio.

Stiamo pian piano comprendendo come il parlare della morte a un bambino diventa un processo che coinvolge l’intelligenza emotiva dell’adulto, che dovrà fare i conti con le sue emozioni e le sue credenze in merito al pianto, al dolore, al lasciare andare.

Letture  e giochi consigliati

Ecco i link alle letture e ad un gioco da fare con i più piccoli per aiutarli ad conoscere il meraviglioso mondo delle emozioni:

👉🏽 Perché piangiamo? Età di lettura: da 5 anni.

Un albo molto ben illustrato che permette al bambino di comprendere la funzione del pianto.

👉🏽 I colori delle emozioni. Età di lettura: da 3 anni.

Un “best seller” in abito di emozioni per i bambini. Consiglio questa versione pop up, adorabile!

👉🏽 Emozioni e Azioni (carte ): semplicissime ed efficaci per permettere al bambino di identificare nelle immagini, i segnali del linguaggio non verbale che vede negli altri e in se (consiglio di usare uno specchio e mimare le varie faccine 😉

Qui invece, dei link per te invece:

il sempreverde “👉🏽Intelligenza emotiva” di Daniel Goleman che ti permette di avere una base sul funzionamento di questo tipo di intelligenza e scoprire molti aspetti del “meccanismo emotivo”.

Il libro che ti racconta il tema della morte nelle sue evoluzioni con punti di vista molto interessanti: “👉🏽Il grande libro della Morte” di Ines testoni, già dalla copertina ti viene voglia di comprarlo!

Se vuoi approfondire il processo di civilizzazione leggi “👉🏽La civiltà delle buone maniere.” di Norbert Elias, un viaggio che parte dal medioevo attraverso la trasformazione di usanze a tavola, in camera da letto, a corte.

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