Frasi come “non ti preoccupare, ci sono io”, o “se hai bisogno chiamami a qualsiasi ora” sono come il porto sicuro nelle relazioni affettive molto forti, come quelle tra madre e figlio o in generale tra due persone che si amano profondamente.

Quando però chi diceva queste frasi viene a mancare, con la Morte si interrompono anche queste sicurezze. Il dialogo viene bloccato e ci si ritrova a fare i conti con l’impossibilità di potersi appoggiare ad occhi chiusi a quella persona.

La comunicazione oltre la Morte è possibile: fa si che la persona possa effettivamente lasciare andare, ricominciando a vivere la sua vita in funzione del suo benessere e non di quello che avrebbe voluto il la persona che se ne è andata.

La prima cosa da sapere è che, affinché possa avvenire, c’è bisogno di tempo.

Cosa succede quando perdiamo qualcuno che per noi era il nostro punto di riferimento?

La Morte di una persona cara è senza dubbio un evento tragico.

La nostra routine relazionale, le sicurezze, le informazioni custodite l’uno dell’altro, in qualche modo sembra che muoiano con il suo decesso.

All’inizio ci sono molti aspetti da considerare: organizzare il funerale, parlare con i parenti, dare seguito alle faccende burocratiche.

Poi ci si ferma. Nel silenzio della quotidianità, comincia a farsi strada la mancanza e con essa tutto sembra ricordarci che il cambiamento è avvenuto, solo che noi ancora non l’abbiamo vissuto.

Si dice che il cambiamento è graduale. Spesso invece non ci si rende conte che è già avvenuto e a volte la consapevolezza tarda ad arrivare. Quindi più che il cambiamento, è la sua coscienza ad essere graduale in certi casi, perché necessita di alcuni passaggi.

Il nostro dialogo interno inizi a cambiare.

Se prima pensavamo anche in funzione di quella persona ora non lo possiamo più fare. Le nostre parole interiori quindi cambiano radicalmente.

Si comincia ad usare un linguaggio che parla di morte, mancanza, perdita, si parla al passato dei ricordi. Tra le mani passano oggetti che appartenevano al defunto e nella nostra testa si scontrano la ragione, che dice di buttare l’oggetto, che non ci è utile e l’emotività, che invece ci lega a quella cosa come se potesse, in qualche modo, far rivivere la persona.

Il nostro pensiero è già cambiato, quasi nell’istante in cui riceviamo la notizia. Ma non ce ne rendiamo conto.

I giorni intanto continuano a scorrere.

Succede un evento straordinario come per esempio cambiare un lavoro, o ricevere una promozione e in un tragitto in macchina più lungo del solito, d’istinto fai per telefonare.

E ancora il tuo dialogo interno ti dice di fermarti perché è solo una vecchia abitudine, l’entusiasmo che avresti condiviso ora lo devi tenere per te.

I riti, le strade che prima percorrevi senza nemmeno farci caso, le festività e le ricorrenze in automatico diventano d’un tratto un frastornante modo per ricordarti che il cambiamento è già avvenuto, e tu pian piano inizi a prenderne atto.

Ci vuole tempo per riuscire a portare alla coscienza una cosa così grande.

Ma la comunicazione finisce davvero?

In realtà no, non si è mai interrotta.

Nel primo periodo si fatica a comprendere come possa essere possibile, c’è un pò di resistenza dovuta forse al rifiuto di quanto è successo, e poi la rabbia che offusca i nostri pensieri e contemporaneamente dobbiamo andare avanti con la nostra vita per non perdere ciò che abbiamo costruito.

Ci si accorge che certe frasi non sono propriamente “nostre”, non lo sono mai state. Sono “sue”  e tu le hai sempre usate, solo che ora che non c’è più, fanno risuonare l’eco della sua voce.

A volte sembra una dolce carezza, altre uno schiaffo, ed entrambe ti svegliano per dirti che qualcosa è rimasto. Certe abitudini e modi di fare, espressioni e addirittura le cose su cui prima si entrava in contrasto, oggi sono utili per ricordarti che la comunicazione non si è interrotta, ma solo modificata.

La sfera materiale e terrena ci continuerà a dire quanto ci manchi fisicamente il calore e la presenza, ma fintanto che riusciremo a riconoscerla in queste sfumature, quella persona ci sarà sempre.

Si arriva più vicini e con lucidità di fronte al cambiamento, ora è cosciente.

Per arrivare a questo oltre al tempo serve coraggio: per attraversare il dolore, per fermarsi quando se ne sente il bisogno, coraggio di percepire la sensazione di non farcela.

La comunicazione che poteva sembrare unilaterale ora prende una nuova forma. Il pensiero è diretto non più alla Morte, ma alla persona quasi come se fosse qui con noi.

Si instaura un vero e proprio dialogo.

La comunicazione è anche questa. É possibile restare nel dialogo con chi non c’è più e sentire l’effetto che fa su di noi dirigere in quella direzione ciò che avremmo detto se fosse ancora qui.

Un semplice “hai visto, ce l’ho fatta” fa capire che si sta andando verso un “ordine emotivo”, un rispetto privo di risentimento per ciò che è avvenuto, un legame che la Morte non può interrompere, per far qualcosa di buono della propria vita, anche in onore di chi ci ha lasciati.

 

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