La perdita di una persona è un’interruzione di comunicazione. Siamo disarmati di forte a questa impossibilità e, come spesso avviene, nel primo periodo le emozioni sono talmente forti che ci si trova spaesati, inermi, frustrati di fronte a una situazione che non si può cambiare.

La dimensione della Morte è talmente vasta, misteriosa, sconosciuta che non esistono vere e proprie soluzioni definitive. Ci sono però delle vie che sono proprie dell’essere umano, dei canali che usiamo e sono sempre stati usati, che ci permettono in qualche modo di continuare la comunicazione. Ci differenziano dalle altre specie e ci permettono di auto-aiutarci in momenti profondamente drammatici come quelli del lutto.

Sto parlando del pensiero, nella fattispecie di quello scritto.

Esistono dei modi dunque, per riconnetterci con chi non c’è più?

Direi di sì. tramite la scrittura chi resta può trarre un enorme beneficio e riequilibrio, grazie al potere profondamente terapeutico e curativo che questa pratica porta con sè.

In che modo la scrittura può venire in aiuto? Non è forse meglio lasciar che i pensieri fluiscano da sé e non mettere nero su bianco la sofferenza?

Questa è una delle prime trappole in cui una persona può imbattersi, quando non riesce a migliorare una determinata situazione, a maggior ragione se drammatica come quella della Morte di qualcuno.

I pensieri, quando vengono pensati nella testa, sembrano avere un senso. Sentiamo come se il tempo si fermasse, mentre il flusso di parole, immagini, sensazioni scorre e ci trasporta nel passato, nel futuro, nei “se avessi fatto così”, nei ricordi intrisi di emozioni.

Ciò porta, alla fine, ad avere un bel pò di sensazioni da smaltire: sensi di colpa dovuti a connessioni “logiche”, che il flusso di pensieri ci ha portato a fare e che devono essere gestiti; arrivano anche i rimpianti e ripensamenti che provocano in noi sentimenti contrastanti, mentre tutti i pensieri nel calderone della testa sono lì che si rimescolano e sono pronti a ripartire per farci fare un altro viaggio dentro alla loro logica apparente.

Ecco perché, in certe situazioni, è meglio scrivere.

Per esempio: ti è mai capitato di sentire la sensazione di avere una montagna di cose da fare, una più urgente dell’altra, come se in una settimana sarebbe impossibile fare tutto e poi, semplicemente stilandone una lista scritta, magari per priorità, renderti conto che la situazione era meno grave di come la percepivi?

Questo succede perché la mente è potenzialmente uno spazio – passatemi il termine –  infinito.

Lì si può immaginare, trasformare, dialogare, creare mondi. É un luogo in cui le cose possono anche rimbombare, ingigantirsi, confondersi.

Dunque, la scrittura aiuta a fare ordine, ridimensionare, mettere il giusto grado di priorità alle cose. Il processo che porta a trasformare un pensiero in una frase scritta è proprio quello che ci obbliga a stare in quello spazio che connette l’infinità delle possibilità immaginabili con la finitudine della nostra presenza nel qui e ora.

La scrittura obbliga a scegliere cosa in quel momento deve lasciare il segno, cosa voglio che resti sul foglio e cosa no, mi porta a selezionare, a definire l’importanza delle cose, a lasciare andare il superfluo.

Ma allora, in cosa può aiutare la scrittura se si sta attraversando un lutto?

Non è per banalizzare, ma può servire allo stesso modo nel quale è utile a far

ordine con la nostra “to do list” di prima.

Mi spiego meglio: quando qualcuno non c’è più, la nostra realtà cambia,

un elemento viene a mancare, perciò tutto il sistema deve riequilibrarsi.

Prima di fare questo però c’è una sorta di caos. I pensieri si mischiano alle emozioni e ai ricordi, sentiamo nel corpo il bruciore del terribile taglio di questo filo di connessione con il caro defunto che ci ricorda in ogni occasione che il sistema deve mutare, trovare un altra via per andare avanti, ritrovare la calma dopo la tempesta.

La scrittura dunque, può aiutare a mettere nero su bianco questo caos.

Fare ordine è il primo passaggio che ci può permettere, in seguito, di usare la scrittura per riconnetterci con il proprio caro defunto tramite le lettere.

Ma, come dicevo, bisogna fare ordine e per farlo scrittura a getto è una delle vie più immediate .

Si trova un momento in cui si può stare raccolti e indisturbati,  e si inizia col fare alcuni respiri profondi ponendo l’intenzione di riconnettersi a sé, alla persona cara, al dolore, alla situazione, e scrivere successivamente su un foglio tutto ciò che, letteralmente, passa per la testa.

Questo porta inevitabilmente ad una sensazione di svuotamento che di per sé è salvifico. Depura la mente, la drena, delegando al foglio il peso insostenibile di tutto ciò che prima era nel pensiero.

Dò al foglio e alla scrittura il compito di sostenere per me quel dolore, la rabbia, i rimpianti, per il tempo che può bastare fino al momento successivo, quando una nuova ondata di sofferenza, passando dalle viscere arriva a trafiggere il cuore, e di nuovo, dobbiamo vomitare fuori tutto.

La scrittura, dunque, che da sempre ha caratterizzato il bisogno dell’uomo di lasciare un segno, ci viene in aiuto in uno dei momenti più difficili della vita, quello del distacco, del lutto.

Questa volta non lo fa per donare qualcosa ai lettori, ma diventa un intimo canale di depurazione, di sfogo, uno strumento del tutto personale per aiutarsi ad attraversare il disarmante dolore della perdita.

 

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A. Schopenhauer

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